Oggi ricorre il 49° anniversario della morte di John Ernst Steinbeck Jr. (Salinas, 27 febbraio 1902 – New York, 20 dicembre 1968). Steinbeck è stato uno scrittore e giornalista statunitense.
Grazie ai suoi numerosi romanzi, racconti e novelle è uno dei più noti scrittori del '900. Viene considerato uno dei principali esponenti della cosiddetta Generazione perduta.
Nel 1940, con il romanzo Furore, vinse il Premio Pulitzer.
«Per le sue scritture realistiche ed immaginative, unendo l'umore sensibile e la percezione sociale acuta.» Questa la motivazione del Premio Nobel per la Letteratura a lui conferito nel 1962.
Il 14 settembre 1964 ricevette un ulteriore riconoscimento dal Presidente Lyndon B. Johnson, la Medaglia presidenziale della libertà.
Delle sue opere ricordiamo La valle dell'Eden (1952), Uomini e topi (1937), Furore (1939), La perla (1947) e Al dio sconosciuto (1933).
Alcuni pensieri tratti dalle sue opere:
«L'uomo è un animale che vive d'abitudini. Si affeziona ai luoghi, detesta i cambiamenti.» — Furore, 1939.
«Mi hai insegnato una cosa... anzi tre cose. Tre cose non saran mai credute, quella vera, quella probabile, quella logica.» — L'inverno del nostro scontento, 1961.
«Guarda un po', in tutta la storia si è insegnato agli uomini che uccidere è una cosa cattiva e da disapprovare. Chiunque uccide deve essere annientato perché uccidere è un grande peccato, forse il peggiore di tutti. E poi si prende un soldato e gli si dà in mano la morte e gli si dice "fanne buon uso, fanne un uso saggio". Non gli si impongono restrizioni. Vai e ammazza il più possibile di una certa specie o categoria di tuoi fratelli. E noi ti ricompenseremo perché questa è una violazione della tua prima educazione.» — La valle dell'Eden, 1952.
«— Un uomo ammattisce se non ha qualcuno. Non importa chi è con lui, purché ci sia. Vi so dire, — esclamò, — vi so dire che si sta così soli che ci si ammala.» — Uomini e topi, 1937.
«In mezzo a tutta la mia incertezza, sono però certo di una cosa: che gli uomini sotto lo strato superficiale di fragilità vogliono essere buoni ed essere amati. In effetti, molti dei loro vizi non sono che tentativi d'infilare scorciatoie per arrivare all'amore. Non importa quali fossero i suoi meriti, l'influenza e l'ingegno, se uno muore non amato la vita sarà per lui un fallimento e la morte un gelido orrore.» — La valle dell'Eden, 1952.
«Le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone.» — Viaggi con Charley, 1962.
«L'uomo è un animale che vive d'abitudini. Si affeziona ai luoghi, detesta i cambiamenti.» — Furore, 1939.
«E ora che non devi essere perfetto, puoi essere buono.» — La valle dell'Eden, 1952.
«Vale la pena esser buoni e generosi. Non soltanto in Cielo uno si guadagna la ricompensa, ma anche qui sulla terra.» — Pian della Tortilla, 1935.
Che dire? La poetica di Steinbeck unisce l'umore sensibile a un'acuta realistica percezione sociale. Risce a scandagliare l'animo umano in una lucida realtà storica associandola nel contempo a una vena umoristica. Senza dubbio vale la pena leggere uno dei suoi romanzi, come ad esempio Uomini e topi o Furore.
Incipit di Uomini e topi
«Poche miglia a sud di Soledad, il Salinas capita sotto le falde dei colli, dove scorre verde e profondo. L'acqua è anche tiepida, perché è sgusciata sfavillando sulle sabbie gialle nel sole, prima di giungere alla stretta pozza. Su una riva del fiume i pendii dorati del contrafforte salgono dolcemente ai monti Gabilan forti e rocciosi; ma a valle l'acqua e orlata di piante: salici verdi e novelli ad ogni primavera, ingombre le forche dei rami bassi dal tritume della piena invernale, e sicomori dalle candide e screziate braccia penzolanti e dalle fronde arcuate sulla corrente. Sulla riva sabbiosa sotto gli alberi giacciono le foglie disseccate in strato così alto, che la lucertola fa un grande trapestio correndovi in mezzo. I conigli escono dalla macchia a sedersi sulla sabbia nella sera, e le radure acquitrinose sono disseminate delle tracce notturne dei tassi, delle larghe zampate dei cani dei ranches e delle orme a cuneo dei daini che vengono a bere all'ombra.»
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